Esattamente come adulti e adolescenti, anche i bambini e persino i neonati possono incontrare delle difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, soprattutto quelli causati da perdite o da periodi di stress. Situazioni come, ad esempio, l’inizio dell’asilo, la nascita di un fratellino, il divorzio o la conflittualità tra i genitori o anche un trasloco, possono determinare l’esordio di un disturbo dell’adattamento.
Chiaramente, la sua identificazione non è semplice e nemmeno immediata. Generalmente, si parla di un disturbo di adattamento quando le strategie di coping messe in atto del bambino non risultano funzionali al ristabilirsi di una condizione favorevole per il suo sviluppo, rivelandosi, invece, inefficaci e sconvenienti, portando il bambino a esternare il suo malessere mediante segnali di carattere emotivo e comportamentale.
Solitamente, i primi cambiamenti riguardano la qualità del sonno e dell’alimentazione, così come dell’umore, mostrandosi più ansiosi, oppositivi e paurosi del solito. Tali cambiamenti a livello comportamentale possono portare a regressioni più generali nella capacità di padroneggiare le competenze già acquisite nello sviluppo funzionale ed emotivo del bambino.
Anche un grave stress o un trauma può condurre a reazioni non funzionali alla crescita. Per molti anni, la definizione di trauma si è come fossilizzata sul concetto di abuso, correlato a specifiche forme, come quello sessuale. Oggi, invece, emerge una sempre più forte consapevolezza che il concetto di trauma deve essere esteso in maniera più ampia, considerando anche le conseguenze di esperienze dolorose, complesse e reiterate nel tempo, quindi non esclusivamente episodiche.
La costante e cronica esposizione al rischio di sperimentare eventi traumatici, sul lungo periodo può condurre a ripercussioni fisiche e mentali. Le reazioni a tali esperienze possono essere di vari tipi, soprattutto in base all’età del bambino. Sicuramente possono emergere paure che prima non c’erano, che possono manifestarsi attraverso incubi o anche attraverso il gioco, spesso ripetitivo e ritualizzato. Il bambino, inoltre, può sperimentare rabbia e sfiducia poiché non si è sentito protetto oppure diventare più pauroso, triste e alla continua ricerca di consolazione e contatto.
Quando è la relazione con le figure primarie a essere la causa stessa del trauma, il legame di attaccamento può risultare compromesso e può sfociare in un attaccamento disorganizzato. Ciò implica la comparsa di un insieme di comportamenti contraddittori, conflittuali e confusi, che rendono il bambino vulnerabile e ne compromettono lo sviluppo.
Risulta assolutamente necessario ristabilire la sicurezza dei bambini traumatizzati, andando quindi a ricreare quel senso di sicurezza di base tra i membri del nucleo familiare. I bambini, infatti, sono molto sensibili alle alterazioni emotive delle loro figure di accudimento, con le quali risulterà difficile instaurare un buon legame se sono esse stesse fonte di preoccupazione e ansia.
Riuscire a esternare le reazioni traumatiche è di primaria importanza, sia per il bambino sia per il caregiver, imparando a instaurare interazioni positive, basate sulla cura, sulla rassicurazione e la regolazione dei reciproci stati emotivi, supportando gradualmente l’iniziativa del bambino così da fornire pian piano nuove esperienze di sicurezza.
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